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THE MASK Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 8 gennaio 1995
 
di Charles Russell, con Jim Carrey, Cameron Diaz, Peter Riegert (Stati Uniti, 1994)
 
Jim Carrey in un'imagine tratta dal suo sito web
Più che il Cattivo (chiave, come diceva uno che se ne intendeva come il grande Hitchcock, di ogni tensione cinematografica), al regista di questo THE MASK riesce la Pupa, deliziosa Cameron Diaz. Quella, ovviamente del gangster: tutta, com'è giusto, spacchi vertiginosi, che semina la scompiglio nell'animo del tradizionale impiegatuccio sdrucito, interpretato dal curioso Jim Carrey, attore dagli snodi impensabili alla Jerry Lewis e dalla mimica facciale nutrita da lunghe frequentazioni con i cartoons.

Poi c'è la Maschera, banalmente di legno anche se antico. Ma per chi l'indossa rappresenta la moltiplicazione, la sublimazione dell'Ego: se nelle mani dei malvagi li rende ancor più invulnerabili e quindi perversi, in quelle del nostro ne fanno un super campione dell'azione e, soprattutto, dell'Eros. Film, quindi, tutto giocato sulla mistificazione e la trasformazione, THE MASK non può che dipendere da quei trucchi, che ormai si chiamano effetti speciali: firmati dai soliti maghi della Industrial Light & Magic, essi sono effettivamente straordinari. E spiegano da soli il notevolissimo successo di pubblico avuto dal film negli Stati Uniti e quindi in Europa. Punto di riferimento - più che il fumetto originale - sembra esser stato il ROGER RABBITT di Zemeckis: come in quel film, infatti, l'attore in carne ed ossa non solo coabita con elementi del disegno animato, ma confonde (in una serie stupefacente di occhi che strabuzzano dalle orbite, lingue penzolanti, scivolate sprintate e giravolte alla Bugs Bunny) la propria fisionomia in quella ormai referenziale delle mimiche da disegno animato.

Sapientemente introdotto in una scenografia gotico-barocca dai colori saturi ed eccitanti, l'universo di THE MASK assomiglia a quello di Tim Burton: ma, appunto, soltanto gli assomiglia. Molti degli ingredienti, senza quel lievito che sublima la favola ed il riferimento in poesia. Se la cornice è brillante, i giochetti più che dinamici, e pure i dialoghi a tratti spiritosi è la progressione drammatica ad essere incerta, le psicologie approssimative, i significati relativi. Simpatici, cioè, e piuttosto inutili.


   Il film in Internet (Google)

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